lunedì 25 ottobre 2010

La tempesta di neve


Ho camminato a lungo
fino a non sentire più le gambe
dalla fatica
affondando i miei passi
in questa coltre di neve
che tutto ha coperto
come un'irreale
paesaggio lunare.

Nevica ancora
e spirano due venti gelidi
provenienti dal sud della gioia.
Uno esteriore
che con la violenza dei suoi cristalli
ferisce le mani nude
ed uno interiore
ancora più freddo.

Scorgo un bambino
che avanza nella tempesta
verso di me.
Ha un biscotto in mano
calzettoni e scarpette con gli occhielli.
"Tato prendimi in collo e stringimi"
mi dice"ho freddo" mi avvicino,
faccio per tendergli la mano
ma il vento lo allontana violentemente
come un aquilone impazzito
portandosi via con lui
odori di zucchero filato, rumori di giostre,
cavalli a dondolo
e brividi di carezze mai avute.

Provo a rincorrerlo sulla neve
con le mani al cielo
per salvarlo e per stringerlo a me
ma cado e lui dall'alto del vento
che lo porta via
mi grida piangendo
"Tato mi dispiace, ci siamo persi di nuovo
senza volerlo e stavolta è per sempre".
Resto in ginocchio e mentre impotente
lo osservo allontanarsi per sempre
sento un magone profondo
fondermi il cuore
e colarlo nella forma del dolore
e l'iride dei miei occhi sciogliersi in lacrime.

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